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Castello

Il complesso del castello-rocca
Scheda monumento
Indirizzo Largo G. Matteotti, 1
Periodo XI-XVII secolo[15]
Condizioni Rocca: Buone
Ricetto: Pessime
Proprietà Privata
Visitabile Solo esternamente

Il castello di Vespolate è un complesso fortificato sorto in epoca medioevale che forma l’attuale centro storico del paese, in posizione leggermente sopraelevata rispetto al resto dell’abitato.
Si distingue di due parti: il castello del villaggio o “ricetto”[1], costituito da basse casette che erano utilizzate dalla popolazione come magazzini, oggi ampiamente trasformato, ed il castello-rocca dove risiedeva il signore della terra, per lungo tempo posseduto dai vescovi di Novara.
Il termine “castello di Vespolate” si associa comunemente solo quest’ultimo edificio, generando spesso molta confusione nell’interpretazione dei documenti storici.

Cenni storici

Un’ipotesi poco plausibile identifica il castello di Vespolate con il “castrum” fatto costruire verso la fine del V secolo da Onorato, vescovo della diocesi di Novara, come riportato da Magno Felice Ennodio (473-521)[2]. Secondo altri autori esso potrebbe essere un ricetto eretto nel IX secolo dal Vescovo Adalgisio per proteggere la popolazione contro le invasioni barbariche[3]; in ogni caso l’origine del castello è sicuramente molto antica, data anche la posizione strategica di Vespolate, pressoché al centro del quadrilatero Novara-Mortara-Vercelli-Vigevano. Sicuramente doveva già esistere nel 1025, quando la corte di Vespolate venne concessa al Vescovo di Novara Pietro III. Menzione specifica del castello si ha per la prima volta in un documento del 22 aprile 1053[4] ma non abbiamo notizie più precise fino alla metà del XIV secolo. Dalle “Consignationes” del 1347[5] risulta che la piazza del paese confinava a nord con il fossato del castello dove esisteva già un “palaxium”, cioè un possente edificio in muratura, di proprietà del vescovo. Si specifica inoltre che un appezzamento di terreno presso il palazzo era coltivata a vigna[6].

Nel 1351 il vescovo Guglielmo Amidano fece edificare la rocca all’interno del castello[7], separata da un ulteriore recinto con fossato e collegata tramite un ponte levatoio. Si trattava in pratica di un castello dentro il castello.

Stemmi nobiliari sopra l'ingresso alla rocca

Tra il 1361 ed il 1362 Galeazzo Visconti, in guerra contro il Marchese del Monferrato, dette il paese alle fiamme per evitare che il castello cadesse in mano nemica e molte costruzioni subirono gravi danni. La struttura del complesso come la vediamo oggi è quindi probabilmente frutto della ricostruzione e delle modifiche operate negli anni successivi; le più importanti trasformazioni si ebbero infatti tra la metà Trecento e l'inizio del Seicento.

Nonostante le varie infeudazioni che si succedettero tra il XIV ed il XVIII secolo, la rocca restò quasi sempre proprietà dei vescovi novaresi i quali solevano soggiornarvi di tanto in tanto per alcuni giorni. Con l’annessione del novarese al Regno di Sardegna i vescovi rientrarono in possesso anche dei diritti feudali. Si narra che il Cardinal Morozzo, vescovo di Novara tra il 1817 ed il 1842, compiva frequenti viaggi a Vespolate per raggiungere il suo castello e da qui muoversi per le visite pastorali nei paesi vicini: arrivava da Novara, attraverso quella che oggi è la vecchia strada di Nibbiola, e dopo aver fatto tappa alla rocca raggiungeva l’antiva pieve a cavallo di una mula bianca; il popolo si inginocchiava al suo passaggio ed al suo arrivo il pievano gli offriva due chiavi su un vassoio d’argento: sulla prima era raffigurata una spada e sulla seconda il pastorale, a simboleggiare che il vescovo era sia principe sia padre spirituale del paese.

Nel 1868, in seguito alle leggi di secolarizzazione dei beni ecclesiastici, la rocca e i terreni furono tolti alla chiesa e acquisiti all’asta dal conte Francesco Borgogna. Nel 1921, due anni prima della sua morte, tutte le terre furono frazionate e vendute ad agricoltori di Vespolate e Cerano mentre il maniero fu ceduto ai fratelli Natale e Pacifico Cordara di Cassolnovo. A seguito della morte dell'ultima erede dei Cordara, nel 1982 il castello è stato posto nuovamente in vendita ed acquistato dalla famiglia Macchi di Galliate che lo ha restaurato e trasformato per adibirlo a propria residenza privata, rendendolo quindi inaccessibile al pubblico ed agli abitanti del paese.
In anni recenti la sala al piano terra del corpo centrale contiguo al torrione, decorata da un pavimento in cotto antico e soffitto a volta in mattoni, è stato adibita per ricevimenti, matrimoni e banchetti con servizio catering.

La struttura del complesso

Estratto mappa catastale teresiana del 1723

Nel 1635 il marchese di Novara nonché feudatario di Vespolate, Odoardo I Farnese, si alleò con la Francia di Richelieu e mosse guerra al Re di Spagna rompendo il suo giuramento di fedeltà con il sovrano. La Camera Ducale ordinò la confisca del feudo e inviò un ingegnere per descrivere il paese e porlo sotto sequestro. L’inviato stese una precisa relazione che fu trascritta da un notaio e poi inviata a Milano. Questo documento rappresenta la più completa testimonianza che possediamo sull’aspetto di Vespolate e delle sue fortificazioni così come apparivano nella prima metà del Seicento, al termine di un lungo processo di trasformazioni durato diversi secoli.
Dal resoconto apprendiamo che il borgo non era cinto da mura ed erano presenti due porte di accesso: una in direzione di Milano ed uno in direzione di Vercelli[8]. Era presente un antico castello che copriva la superficie di circa un ettaro, interamente circondato da un fosso ad acqua continua, accessibile tramite un ponte levatoio; all’interno vi erano numerosi stabili privati utilizzati come cantine e solai per riporre il grano ed il vino, quindi non in funzione abitativa; non era presente alcun tipo di torre o fortificazione ma vi era annessa una rocca di buona qualità con alloggi di proprietà della Mensa Episcopale di Novara. Si poteva passare dal castello alla rocca per mezzo di una porta con ponte levatoio, le due parti erano quindi separate da un ulteriore fossato.

Il castello-ricetto
Via Carlo Cattaneo con la porta di accesso sullo sfondo
Scorcio dei vicoli del ricetto

Allora come oggi, vi si accedeva attraverso l’unica porta situata a mezzogiorno, a lato del palazzo municipale[9]. Alla sommità era posta una campana che veniva suonata in occasione delle riunioni del consiglio e per richiamare i cittadini. Tale campana, fusa durante l'ultima guerra, nel 1991 è stata ripristinata in una ricostruzione fedele all'originale. Da qui una leggera salita immette alla via principale, intitolata a Carlo Cattaneo; appena varcato l’arco si aprono ai lati due strade che si sviluppano con andamento curvilineo, parallele alle fila di edifici perimetrali. Al posto delle vecchie casupole medioevali dei lavoranti agricoli, costruite probabilmente in mattoni e terra cruda, con tetti di legno e paglia, sorgono oggi modeste abitazioni di costruzione recente, inframmezzare qua e là da alcune case solariate superstiti, simili a quelle dei castelli di Ghemme e Carpignano Sesia[10].
Negli anni ’50, come ci testimonia Don Ernesto Colli era presente anche un forno per il pane, negozi di alimentari e stoffe, oltre al circolo ricreativo Cattaneo (fondato nel 1884 e tutt’ora esistente), quasi come se fosse un villaggio autonomo.

La porta di comunicazione tra castello e rocca

Dopo aver intersecato perpendicolarmente altri vicoli si giunge ad un incrocio e poco più avanti la via termina senza sbocchi; svoltando a destra si esce sulla strada provinciale attraverso un passaggio che è stato probabilmente ricavato in epoca più recente, con l’abbattimento di un edificio. Verso sinistra si incontra invece il muro di recinzione della rocca ed un accesso ad arco murato che reca sulla sommità lo stemma del vescovo Balbis Bertone ed in basso una piccola porta in legno. Più o meno in questo punto sorgeva il passaggio di comunicazione tra il castello e la rocca. Sul coronamento del muro possiamo ancora distinguere un’elegante merlatura in cotto a coda di rondine, sebbene gli spazi tra i merli siano stati tamponati.

Edifici del perimetro sud-ovest

Il lato esterno lungo la strada provinciale è stato totalmente trasformato mentre l’antica struttura medioevale è ancora ben visibile negli edifici del perimetro sud-ovest che si affacciano su largo Matteotti. Questa fila unica di costruzioni si sviluppava con andamento convesso fino a collegarsi con la rocca; una delle case è purtroppo crollata in una notte d'autunno del 2000, a seguito ad un lungo periodo di abbandono[11]. All’ultimo piano, nel sottotetto, si snodava un camminamento di vedetta lungo tutto il perimetro mentre lungo la base a scarpa correva il fossato che proseguiva poi sul lato ovest passando davanti alla rocca. Dopo aver fatto angolo a nord-ovest presso il torrione, il fossato correva verso oriente lungo il lato nord, attuale via Indipendenza, oltre il quale sorgevano le case masserizie, stalle e scuderie per i fittabili del castello che lavoravano alla grande azienda agricola della Mensa Vescovile[12]. Dopo aver percorso tutto il lato orientale svoltava ad ovest transitando sul sedime dell’attuale municipio. Il Colli ipotizza che due torri sorgessero agli angoli nord-est e sud-est del perimetro sebbene nel summenzionato documento del 1635 non se ne faccia cenno.

Il castello-rocca
Il palazzo-torre della rocca
Il salone seminterrato con volta a sesto acuto ed i possenti archi di sostegno
Il corpo centrale ed il torrione
Il lato nord
Il ponticello e la porta di comunicazione col ricetto

Sono ancora ben conservati gli edifici che componevano la dimora vescovile; l’elemento più distintivo è l’alto palazzo-torre di forma quadrangolare (che viene comunemente chiamato “rocca” o ancor più genericamente si ritiene che sia "il castello"), eretto a partire dal 1351. All’angolo sud-ovest del palazzo si innalza una torretta coronata da una merlatura, la cui sommità è raggiungibile attraverso una scala a chiocciola seicentesca di 178 gradini in serizzo.

L’edificio si sviluppa su cinque piani e prima dei recenti restauri vi si accedeva attraverso una modesta scala in granito. Gli interni del primo e secondo piano risalgono al Seicento e sono composti da ampie sale con soffitto a cassettoni e caminetti in marmo. All'ultimo piano stanziavano i militari in tempo di guerre e incursioni, mentre al piano terra, fino agli anni ’80, si trovava l'antico forno con pilastri e muri spessi 1,20 metri. Il Colli ci testimonia anche l’esistenza di un’antica cassaforte in legno ricoperta da lamiere e bulloni in ferro.
Le mura esterne sono in mattoni spogli, dello spessore di oltre un metro, culminanti con una decorazione a dente di sega in due file sovrapposte. Su ogni piano ed ogni lato sono presenti numerose finestre simmetricamente disposte, aperte in tempi più recenti.
Due lapidi in marmo rosa di Candoglia, un tempo infisse alle mura, testimoniano gli interventi di restauro compiuti dal Vescovo Bascapè nel 1612 e da Giovanni Battista Visconti nel 1698[13].

Secondo lo storico Giancarlo Andenna l’attuale palazzo fu probabilmente innalzato tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo. Nel Trecento doveva invece esistere una costruzione diversa, testimoniata dall’ampio salone seminterrato dove si spiccano tre imponenti archi gotici e piccole finestre a feritoia incorniciate da profonde strombature. Per sorreggere la mole del nuovo edificio gli architetti furono costretti a puntellare gli archi con giganteschi pilastri in mattoni.
E’ assai probabile che tutti i piani allora esistenti fossero sorretti con volte a sesto acuto le quali furono in seguito eliminate quando si realizzarono i soffitti a cassettoni (si ipotizza all’epoca degli interventi del Bascapé); di conseguenza si rese necessario rafforzare gli archi alla base per motivi statici.
Certamente l’ultimo piano del palazzo e la torretta al di sopra della decorazione a dente di sega sono stati realizzati in un secondo momento, come si può constatare da una semplice analisi a vista dei mattoni. Sempre all’ultimo piano si possono anche osservare diverse aperture tamponate.

Fino alla metà dell’Ottocento il palazzo era unito da due passerelle in cotto, sostenute da volte in laterizio, al cosiddetto torrione, un edificio rettangolare più basso, realizzato in mattoni e decorato all'esterno da archetti pensili, con finestre e feritoie. Alla sommità sono ancora ben visibili i merli alla ghibellina, inglobati nella muratura che sostiene il tetto. Al suo interno, al piano superiore, aveva sede il tribunale con la sala di tortura, in seguito trasformato in magazzino per il riso[14]. Questa stanza era illuminata da due eleganti finestre ad arco acuto in cotto visibili sui lati nord ed ovest; quest’ultima è sormontata da una formella con la raffigurazione della biscia viscontea.
Sul lato rivolto ad occidente del corpo centrale si osservano segni evidenti della presenza di un ponte levatoio, ancora oggi affiancato da una postierla e sormontato da numerosi stemmi affrescati: era questo l’ingresso d'onore che immetteva direttamente nel cortile centrale della rocca. Si ipotizza potesse esistere un ingresso anche sul lato nord dove permangono i resti di forti strutture difensive e di una torretta ornata da un’altra finestrella ad arco acuto.

Il giardino circostante fu creato nel 1568 allo scopo di ingentilire la residenza vescovile. Sul lato orientale si trova un ponticello in mattoni che conduce alla già citata porta del vescovo Balbis Bertone, passando sopra lo scomparso fossato.

Galleria fotografica

Cantine
Lato nord
Il palazzo
Il palazzo
Lato nord-est
Il torrione
Il torrione
Merli
Cancello
Porta
Finistra
Finistra
Finestre
Sala

Note

  1. ^ Secondo alcuni storici quello di Vespolate non è propriamente un "ricetto". Si tenga quindi presente che in questa trattazione useremo tale termine unicamente al fine di distinguere più facilmente le due parti del castello.
  2. ^ La fortezza di Onorato assume caratteri quasi mitici in quanto viene spesso identificata con diversi castelli del territorio novarese (Isola di San Giulio, Novara, Pombia, Buccione, Vespolate), quindi non si conosce con certezza quale fosse la sua reale ubicazione, sempre che sia effettivamente esistita.
  3. ^ Questa ipotesi si basa una citazione del Bascapé che elencando le donazioni del vescovo Sant’Adalgiso parla di un “Episcopianum”, termine che tradotto in italiano significa pressappoco “Vescovato” e non trovandosi nel novarese nessun altro luogo con nome simile, esso venne identificato con Vespolate (vedi anche il paragrafo "Origine del nome" alla pagina Storia). Secondo lo storico Giancarlo Andenna tale ipotesi è però insostenibile.
  4. ^ Vedi la trattazione alla pagina Storia.
  5. ^ Il vescovo Guglielmo Amidano aveva ordinato a tutto il clero della sua diocesi di fare la consegna di quanto apperteneva ai loro rispettivi benefici; tutti i beni furono elencati in un grosso codice datato 1347 chiamato appunto "Consignationes".
  6. ^ Ne abbiamo conferma anche da un testamento del 1440 quando tal Giulio Testa morì, assistito dal castellano di allora, Beltramo Alamanno di Pietra: egli lasciava i suoi beni alle figlie ed alla moglie concedeva due vigne confinanti con la fortezza ed i suoi fossati.
  7. ^ Come riportato da una lapide in caratteri gotici su cui è riportato lo stemma del vescovo stesso.
  8. ^ Da questa ricostruzione possiamo dedurre che i principali accessi al paese erano da est e da ovest e non da nord e sud come oggi. Il Ravizza nel 1878 affermava che esistevano ancora due porte chiamate Santo Stefano (o porta Mortara) e San Giovanni (o porta Novara), scomparse nel corso del Novecento. L’esistenza di queste porte la si può riscontrare anche in alcuni atti conservati presso l’archivio storico comunale.
  9. ^ Diversamente Il Colli ci descrive la presenza di 4 porte, una per ogni punto cardinale, questa ricostruzione appare però poco plausibile, probabilmente frutto di una personale ricostruzione piuttosto che di precise fonti storiche.
    Da un'analisi della mappa del catasto teresiano sopra riportata possiamo constatare che intorno al 1720, oltre a quello meridionale, esistevano altri due varchi tra le mura, oggi non più esistenti: uno ad ovest, presso l'attuale sala banda e l'altro all'estemità nord del lato orientale; questi potevano essere dei passaggi che permettevano di scendere in riva al fossato, magari per attingere l'acqua o come lavatoi. Nella mappa il fossato intorno al castello non è rapprententato, sebbene se ne dingungua il perimetro, forse a quell'epoca era già stato prosciugato.
  10. ^ La differenza è nel materiale di costruzione: mattone per Vespolate, ciottoli di fiumi alternati a cotto negli altri due paesi.
  11. ^ Il varco che si è creato con il crollo della casa vieni oggi utilizzato come palco per le manifestazioni di settembre oltre che come parcheggio. Sono ancora ben visibili alcuni resti delle mura.
  12. ^ A occidente e a settentrione della rocca si trovano tuttora numerose aziende agricole e vasti cortili.
  13. ^ La prima di esse recita:
    Carolus Epis. Arce
    multis locis intus et foris
    restituta et exornata
    Anno MDCXII


    Mentre la seconda, più grande (mt. 1 x 0,80):
    Io, Baptista Vicecomes
    Epis. Nov. et comes
    Arcem pene collapsan
    Intus extructis aedibus
    In meliorem faciem
    Restituit anno MDCLXXXXVIII
  14. ^ Secondo una fonte il torrione fu forse innalzato ai tempi del vescovo Giovanni Arcimboldi (1468-1484), questo però contrasta con il fatto che all’interno del suo tribunale si sia tenuto il processo a Giovannina Bovarini negli anni 1450-51 (vedi pagina Cultura). La questione avrebbe bisogno di essere ulteriormente approfondita.
  15. ^ Il periodo indicato si riferisce alla fase costruttiva e non comprende i rimaggiamenti recenti, in particolar modo lo stravolgimeno degli edifici nel castello-ricetto operati nel corso del secondo dopoguerra.