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Storia

Premessa

Stemma comunale scolpito sul palazzo municipale

Vespolate non ha una storia illustre, le sue vicende sono perlopiù legate a quelle della vicina città di Novara, sotto la cui influenza ha sempre gravitato, pertanto le cronache storiche non abbondano di notizie su di esso. Le fonti che sono riuscito a reperire per ricostruire la storia del paese sono scarse, spesso frammentarie, talvolta discordanti tra loro o frutto di supposizione o interpretazioni soggettive ed in alcuni casi si sono rivelate anche errate, quindi è molto difficile raccogliere tutte queste informazioni con logica, completezza ed esattezza. Non è raro trovare anche errori che si sono tramandati nel tempo da uno scritto all'altro, questo stesso sito è stato spesso utilizzato da altri come fonte bibliografica (non citata) tramandando le stesse inesattezze. Nell'ultima stesura, grazie a nuove fonti e ricerche incrociate ho potuto correggere molti errori e ampliare i contenuti ma alcuni passaggi storici continuano ad essere poco chiari e non è escluso che il testo possa contenere inesattezze non volute. In particolare tutta la storia precedente all'anno 989 d.C. è sempre scritta al condizionale e come tale va letta. Credo sia e sarà sempre impossibile conoscere con certezza quale sia stata l'origine del paese e l'esatto svolgersi di molti eventi storici in quanto la maggior parte dei reperti e delle testimonianze è andata perduta, spesso per ignoranza o noncuranza, e le poche di cui siamo in possesso non sono sufficienti a formare un quadro completo.
Nel testo sono contenute delle note di approfondimento riportate a piè di pagina.

Origine del nome

Sono numerose le ipotesi sull'origine del toponimo “Vespolate”: Secondo il vescovo Carlo Bascapè, autore dell'opera “Novaria Sacra” del 1612, esso deriva da “Vescovado” o “Vescovato” (vista l'analogia fonica con “Vespolato”, soprattutto in dialetto), che sta a significare “luogo di proprietà del vescovo”. Giuseppe Ravizza, che nel 1878 tradusse in italiano il testo del Bascapè, appoggia questa tesi e ipotizza una fondazione medioevale del paese come feudo del vescovo Adalgisio (IX secolo) mentre lo storico Rusconi lo contraddice, sostenendo una nascita gallo-celtica o romana sulla base del suffisso “-ate”.

Carta geografica presso i Musei Vaticani

Secondo una tesi molto accreditata esso invece deriva dal fitotoponimo “Nespoletum” (o “Nespolate”), che significa “luogo coltivato a nespoli”; ciò farebbe supporre che in epoche passate qui vi fosse un'abbondante presenza di questi alberi. Sullo stesso stemma comunale (approvato con Regio Decreto del 17 marzo 1930) figura una pianta di nespolo, posto sotto al pastorale ed alla spada intrecciati, simboli del potere vescovile. Nella Galleria delle carte geografiche presso i Musei Vaticani il luogo figura col nome “Nespola”; tali mappe risalgono però alla seconda metà del Cinquecento, mentre già nel 989 il paese aveva la denominazione odierna. È da tenere presente però che in certe forme di scrittura la lettera V può essere facilmente confusa con una N.

Un'altra ipotesi è che il toponimo fosse in origine “Vispulatum” e derivasse dal cognome gallico “Vispu” con il significato di “luogo di proprietà di Vispu”. Forse non a caso in dialetto Vespolate si dice “Vispù-là”.

Ancora, gli autori dell'opera “Novara Sacra” del 1932 sostengono derivi dal nome familiare “Vespolatum”, di esistenza attestata nel 902 ad Olengo, mentre il Prof. Massia sostiene derivi semplicemente da “Vespa” o "Vespaio".

Epoca preromana e romana

Le prime notizie certe su Vespolate risalgono all'anno 989 ma la sua origine è sicuramente più antica. C'è chi suppone che sia stato fondato alcuni secoli prima di Cristo da popolazioni celtiche (Vertamocori), come il vicino capoluogo: Mons. Lino Cassani, nella monografia “Vespolate nella sua storia” del 1956, elenca i vari resti archeologici rinvenuti nel comune; tra questi vi sarebbero delle fusarole (parte del fuso, strumento per la filatura) del diametro di 10 cm.; secondo l'autore uno strumento di tale diametro è tipicamente di origine gallo-celtica, e rappresenterebbe pertanto un indizio sulla presenza di queste popolazione nella zona.

Tra i ritrovamenti archeologici di epoca romana imperiale rinvenuti nel territoriuo di Vespolate, conservati oggi presso i musei novaresi, si annoverano soprattutto oggetti in vetro, in terracotta[1], una moneta d'argento e altre in bronzo delle quali una di Massimino Trace (Imp. 235-238) e un'altra di Augusto (Imp. 27 a.C.-14 d.C.). Si più quindi supporre che potesse esistere già un insediamento abitato, sorto probabilmente lungo la via che dal Sempione passava da Novara e Mortara per raggiungere Tortona e quindi la Liguria[2].

Pianta e caseggiati del Borgo di Vespolate (per gentile concessione del Comune di Vespolate)

Le due strade principali che si incrociano al centro del paese, con direzione nord-sud ed est-ovest, potrebbero farci pensare di essere il cardo e decumano maximus romani, ma è questa un'ipotesi quasi certamente da scartare in quanto l'incrocio ha assunto l'attuale configurazione nel XIX secolo, quando fu realizzata la strada provinciale della Lomellina. La mappa catastale a lato, risalente alla prima metà del Settecento, ci aiuta a capire come fino ad un paio di secoli fa l'abitato fosse sviluppato prevalentemente in senso est-ovest, con un reticolo stradale piuttosto disordinato e senza incroci rilevanti al centro[3].

Sulla base di alcuni reperti rinvenuti vicino alla Pieve di San Giovanni Battista, esiste anche l'ipotesi che un primitivo nucleo abitato sorgesse in questa zona, a circa 500 metri dall'attuale centro storico. Questa teoria potrebbe spiegare l'anomala distanza che già nel medioevo intercorreva tra la chiesa ed il castello[4].

La città di Novara nell'89 a.C. ottenne il diritto romano e nel 49 a.C. sotto Giulio Cesare, divenne “Municipium”. Nel territorio rurale intorno alla città dovevano esistere numerosi “pagus”, ossia dei villaggi satellite che fornivano ad essa le derrate alimentari, sorti probabilmente attorno ad un centro di culto pagano. Sempre secondo Mons. Cassani, Vespolate era presumibilmente uno di questi “pagus” insieme a Casalvolone, Mosezzo, Momo, Suno, Oleggio e Trecate.

L'alto medioevo

Pieve di San Giovanni Battista

A partire dal IV-V secolo, con la diffusione del cristianesimo nel novarese e la caduta dell'Impero, i culti pagani furono gradualmente soppiantati. L'organizzazione della neonata chiesa ricalcò sostanzialmente quella romana già esistente e quindi al posto di un “municipium” si sostituì un “Vescovado” ed al posto di un “pagus” sorse l'entità religiosa della “Pieve”. La Pieve di Vespolate aveva giurisdizione su un ampio territorio e nel medioevo divenne il centro di diffusione del cristianesimo nella Bassa Novarese. Tutti i paesi compresi tra Novara e Mortara e tra l'Agogna e il Ticino, pur possedendo un propria cappella, dipendevano dalla Pieve di Vespolate per vari uffici, tra cui la sepoltura e l'amministrazione dei sacramenti, in special modo del battesimo. La Pieve inoltre era beneficiaria della tassa della decima che tutti i possessori di beni erano tenuti a versare.

Negli anni che precedettero la caduta dell'Impero Romano d'Occidente ed in quelli successivi, il novarese subì molteplici invasioni e devastazioni ad opera dei barbari (Ostrogoti, Visigoti e Unni). Fu forse in questo periodo che a Vespolate si iniziò a costruire un primitivo castello con funzioni difensive (come la leggendaria fortezza del Vescovo Onorato[5]).

Nella seconda metà del VI secolo i Longobardi conquistarono l'Italia facendo di Pavia la loro capitale. A differenza dei precedenti invasori essi non portarono distruzione ma si integrarono con la popolazione esistente, coltivando terre e convertendosi al cristianesimo, pur mantenendo i loro costumi e la loro nazionalità. Alcuni documenti del X-XI secolo testimoniano la presenza longobarda a Vespolate.

Il domino longobardo in Italia durò circa due secoli fino al 774, quando il re Desiderio fu sconfitto da Carlo Magno. Sotto la dominazione franca le terre del novarese vennero suddivise in comitati (la bassa novarese apparteneva a quello di “Bulgaria”), venne trasformato il sistema organizzativo delle campagne e dei piccoli centri (“corti”) che furono dotati di strutture di difesa come il fossato.

Il dominio ecclesiastico su Vespolate potrebbe aver avuto inizio con i Franchi, infatti Carlo Magno fece molte donazioni alla chiesa e risulta che i suoi successori Ludovico I e Lotario I, a partire dall'814, concedettero immunità e regalie ai vescovi di Novara. Nell'830 Lotario fece nominare vescovo un suo fiduciario, Adagiso (Santo), e nell'840 conferma con un diploma imperiale il dono alla chiesa novarese di diverse località, tra cui forse Vespolate. I vescovi iniziavano a assumere in quegli anni un potere sempre più civile che religioso grazie alla ricchezza derivata dai propri possedimenti.
Con la deposizione nell'887 dell'ultimo dei re Carolingi, Carlo III il Grosso, iniziò una sorta di anarchia i cui i più importanti feudatari della penisola lottarono per avere il controllo del Regno d'Italia; I territorio di Vespolate faceva parte del Marchesato d'Ivrea, sotto gli Anscarici, che comprendeva buona parte del Piemonte e la Lomellina[6].

Durante il X secolo la pianura padana si andava popolando di signori locali che iniziarono a costruire castelli e villaggi fortificati per difendersi dai nemici e dalle nuove invasioni Unghere e Saracene. Il vescovo si era dotato di vassalli a cui concedeva in beneficio le sue proprietà in cambio di aiuto contro chi minacciava il suo potere. A questo periodo risale il primo documento in cui si menziona il nome del paese: si tratta di una pergamena conservata presso l'archivio della Cattedrale di Novara, datata dicembre 989, in cui i coniugi Perolfo e Emma vendono a Grimaldo, canonico del duomo, alcune proprietà situate «in locos et fundos Vespolati et super fluvio Agonia in Stodegarda»; quest'ultima era una località, oggi scomparsa, che sorgeva lungo il torrente Agogna[7]. Tali acquisti costituirono la base delle proprietà dei canonici sul luogo nei due secoli successivi.

Il basso medioevo

Nell'anno 1002 Arduino d'Ivrea, sostenuto dalla nobiltà contraria al predominio ecclesiastico, si proclamò Re d'Italia ma venne sconfitto dall'imperatore del Sacro Romano Impero Enrico II il quale confiscò i feudi alle signorie che avevano parteggiato per Arduino donandoli ai vescovi. A quell'epoca Vespolate era sede di una curtis[8] posseduta del conte di Pombia Uberto I[9] e del vassallo episcopale Ugo Guala; con un diploma imperiale del 1025 Corrado II il Salico, successore di Enrico II, sequestrò la corte di Vespolate e la donò al vescovo di Novara Pietro III, insieme alla contea di Pombia ed altri territori tra cui la corte di Gravellona ed il castello di Olengo. La donazione fu confermata da un diploma del 1028.

Particolare della rocca del castello

Alla morte di Pietro III, nel 1032, divenne vescovo di Novara Gualberto e nel 1039 Riprando, entrambi membri della famiglia dei Conti di Pombia[10] che poterono così rientrare in possesso dei beni sottratti. Nel 1034 i figli di Uberto I si incontrarono a Stodegarda per suddividersi il feudo: le corti di Vespolate, Carpeneto, Ponella[11] e parte di Stodegarda passarono al conte Adalberto, il resto al fratello Guido. Nel luglio 1050 Adalberto e sua moglie Adelasia cedettero numerosi immobili all'arciprete novarese Ranfredo, ricevendo la forte somma di 100 lire. Le proprietà sarebbero restate in usufrutto ai due coniugi fino alla loro morte ed in seguito sarebbero divenute possesso degli enti religiosi che il sacerdote rappresentava; Vespolate, Carpeneto e Ponella avrebbero dovuto passare all'episcopato ed ai canonici della chiesa di Santa Maria. Nello stesso anno Adalberto morì e tre anni dopo sua moglie cedette al nobile milanese Rodolfo da Besate, «buona parte degli immobili della zona, fra i quali anche il fortilizio»[12], probabilmente per saldare la sua parte di debito. Questo documento datato 22 aprile 1053[13] è il primo in cui si indica l'esistenza di un castello che doveva già constare di vari edifici e contenere diverse case.

Nel 1060 l'imperatore Enrico IV confermò con diploma imperiale i possesso dei beni della chiesa novarese, Vespolate compreso, al vescovo Oddone II. Nel diploma del 1155, rilasciato dal Barbarossa, non si fa più cenno al paese, segno che probabilmente i diritti ecclesiastici erano stati vanificati. Da una Bolla di Papa Innocenzo II (pont. 1130-1143) sappiamo che i Vescovi di Novara possedevano la pieve, il castello e un manso (podere) a Vespolate e due mansi a Stodegarda ma non esercitavano ancora veri e propri diritti feudali sul borgo.
Unico episodio di cui abbiamo successivamente notizia è giuramento fatto il 14 luglio 1230 dagli uomini di Vespolate in presenza del vescovo Oldeberto Tornielli.

Quasi un secolo dopo il vescovo Uguccione de' Borromei intraprese una complessa vertenza contro importanti famiglie feudali che accampavano diritti veri o presunti sul feudo; il 20 aprile 1311 ottenne dall'imperatore Enrico VII il titolo di conte e la riconferma dei privilegi della chiesa novarese su Vespolate, così come specificato nei precedenti diplomi.

Con l'elezione a vescovo di Giovanni Visconti (1331) il territorio passò sotto l'influenza del Ducato di Milano; fra i secoli XIV e XVI le vicende di Vespolate furono infatti strettamente legate a quelle del Comune di Novara e dello Stato di Milano. Il suo successore, il vescovo Guglielmo Amidano, nel 1351 fece edificare la rocca e nominò un podestà della terra che aveva la funzione di castellano. Si adoperò inoltre nell'acquisire numerosi beni per unire all'amministrazione della giustizia anche una forte presenza economica.

Fu questo un lungo periodo di lotte e distruzioni, aggravate da pestilenze e carestie: nel 1339 un'eccezionale nevicata d'aprile distrusse le viti e il frumento e nel 1348 giunse la peste nera. Negli anni 1361-1362 le guerre tra il Marchese del Monferrato e Galeazzo II Visconti portarono alla quasi devastazione del paese e della chiesa plebana di San Giovanni[14]; al termine del conflitto quest'ultimo prese possesso del luogo a scapito della chiesa novarese. Nel 1380 Gian Galeazzo Visconti donò «castrum et locum Vespolate» al suo consigliere Antonio Porro conte di Pollenzo[15], donazione confermata nel 1387. Tra il 1408 ed il 1412 il novarese visse la breve dominazione del condottiero Facino Cane per poi ritornare ai Visconti. Nel 1415 Vespolate venne assegnato a Francesco Bussone detto “il Carmagnola” e alla scomparsa di quest'ultimo, nel 1432, passò a Bernardino Degli Ubaldini (morto nel 1437), entrambi condottieri di ventura fedeli ai signori di Milano.

Nel 1438 l'imperatore Alberto II concesse al vescovo di Novara Bartolomeo Aicardi Visconti[16] il titolo di “Principe del sacro Romano impero” e la conferma di tutte le concessioni che erano già state fatte alla chiesa novarese. Tornato dal concilio di Basilea quest'ultimo prese solennemente il possesso di Vespolate, dopo aver fatto ampliare e munire di nuove fortificazioni il castello.

Nella seconda metà del Quattrocento, con il governo degli Sforza, il novarese godette di un periodo di pace e prosperità. Nel 1452 il comune di Novara cercò di ottenere la giurisdizione del paese ma una sentenza ducale dichiarò che la terra di Vespolate era proprietà alla chiesa. Nel 1457, dopo la morte del vescovo-conte Bartolomeo Visconti, Francesco Sforza donò il feudo a Donato Borri (detto anche Donato Del Conte). Nel 1467, a causa di contrasti col nuovo duca Galeazzo Maria, la proprietà gli fu levata per essere data temporaneamente a Polidoro Sforza e poi al cameriere Francesco Attendolo. Il Borri, chiesto il perdono, ne rientrerà in possesso l'anno seguente trasferendosi ad abitare nella rocca. Nel maggio 1477 fu giudicato complice della congiura che portò all'assassinio di Galeazzo Maria, quindi incarcerato e giustiziato. Vespolate fu assegnato alla giurisdizione del comune di Novara ma il vescovo Giovanni Arcimboldi si oppose ed ottenne una nuova sentenza ducale che riconobbe alla chiesa il possesso della rocca e al ducato di Milano i diritti sul feudo; nel novembre dello stesso anno esso venne venduto a Gian Giacomo Trivulzio dalla duchessa Bona di Savoia dietro pagamento di 400 lire[17].

In quegli anni di pace vi era stata sicuramente una crescita civile ed economica in paese, nel 1487 è infatti testimoniata l'esistenza di una scuola per i bambini.

Epoca moderna

Nel 1495 Ludovico il Moro entrò in guerra contro la Francia ponendo fine alla breve parentesi di pace. Nell'estate dello stesso anno a Vespolate si trovava il campo base Sforzesco durante l'assedio di Novara. Gian Giacomo Trivulzio, che non riconosceva il Moro quale duca di Milano, passò al servizio della Francia, perdendo i diritti sul feudo; ne rientrerà in possesso nel 1499, a seguito della sconfitta del Moro, insieme al titolo di Marchese di Vigevano.

Nel 1513 gli Sforza tornarono al potere e il Trivulzio fu costretto a fuggire in Francia; Vespolate passò a Matteo Schiner, amministratore apostolico di Novara (all'epoca sede vescovile vacante) mentre nel 1524 fu assegnato da Francesco II Sforza a Marino Ascanio Caracciolo, già arcivescovo di Catania ed in seguito governatore del Ducato di Milano. In quest'occasione «castrum et locum Vespolati» furono separati dalla giurisdizione di Novara per costituire una contea autonoma mentre il castello continuò ad essere in mano ai vescovi.

Nel 1530 i Trivulzio si riappacificarono con il duca riottenendo il feudo ma nel 1535 Francesco II morì senza eredi ed il ducato di Milano fu annesso ai territori del re spagnolo Carlo V. Tre anni dopo Novara e i suoi territori furono trasformati in marchesato e assegnati a Pier Luigi Farnese, Duca di Parma. Anche la terra di Vespolate subì la stessa sorte, il marchese ne prese formalmente possesso entrando dalla porta di Santo Stefano e compiendo il lungo cerimoniale previsto.

A partire dal 1544 il Farnese iniziò ad ordire trattative con il re di Francia a discapito di Carlo V che ordinò allora di restituire il feudo ai Trivulzio dietro pagamento di 5.000 lire, ma la trattativa non andò a buon fine; alla morte del duca di Parma Vespolate fu nuovamente confiscato e attribuito a Novara. Nel 1556 il figlio di Pier Luigi, Ottavio, si accordò con l'imperatore e ottenne la restituzione del marchesato. Nel frattempo Gianfrancesco Trivulzio, nipote di Gian Giacomo, tentò di rientrare in possesso di Vespolate vantandone i diritti; si venne così a creare una sorta di “sub infeudazione”. Nel 1573 Niccolò Trivulzio si fregiò del titolo di Conte di Vespolate, seguito dai diretti discendenti Renato (1599) e Carlo Niccolò (1633). Da un documento del 1635 sappiamo che il marchese non aveva praticamente rendite dal feudo mentre i conti beneficiavano dei dazi sul pane, la carne, il vino e l'imbottato, con un rendita di 2.400 lire annue. Di 12.000 pertiche di territorio la metà appartenevano alla Mensa Vescovile di Novara che continuava ad mantenere la proprietà della rocca.

Targa al Sacro Monte di Orta

Nel 1658 il Marchese Francesco Serafini di Piacenza acquistò i feudi di Fara e Vespolate da Ranuccio II Farnese, vendita poi perfezionata nel 1660. Il dominio dei Serafini durò fino al 1715 quando Vespolate passò al conte Luigi Caroelli.

In seguito alla guerra di successione spagnola (1701-1714) l'Austria subentrò per un breve periodo alla Spagna nel dominio del territorio, fino al momento in cui tutto il novarese entrò a far parte del Regno di Sardegna e del Piemonte (1734). Vespolate tornò quindi ad essere possedimento vescovile fino alla successiva abolizione del sistema feudale. Nel 1767 il vescovo Balbis Bertone si accordò con Carlo Emanuele III di Savoia ottenendo il titolo di “Marchese di Vespolate”, mero et mixto imperio[18] e totale giurisdizione sul feudo; poi nel 1817, con la cessione integrale della Riviera d'Orta, il Cardinale Giuseppe Morozzo ottenne il titolo di “Principe di San Giulio, Orta e Vespolate” e “Signore di Soriso”. Tutto terminerà in seguito all'unità d'Italia con la legge n. 3848 del 15 agosto 1867 che sottrarrà ai vescovi ogni diritto di proprietà sui beni temporali e quindi sulla Rocca di Vespolate.

Dall'ottocento ad oggi

Sotto la dominazione napoleonica e la costituzione della Repubblica Cisalpina, il paese venne a far parte del Dipartimento dell'Agogna nel Distretto di Novara (1802-1814). In questo periodo di radicali riforme molte amministrazioni furono soppresse ed il territorio del comune di Vespolate, che era rimasto pressoché immutato da secoli, inglobò anche il vicino comune di Tornaco (ad eccezione della frazione Vignarello che passò a Gravellona); i confini saranno poi ripristinati durante la Restaurazione.

Targa mandamentale presso in civico n.36 di Corso Garibaldi

Sempre durante il periodo napoleonico si assiste ad un miglioramento delle strutture amministrative e ad una valorizzazione del territorio. Tra il 1818 ed il 1923, con la suddivisione del territorio in “mandamenti”, Vespolate divenne capoluogo del mandamento omonimo che comprendeva tutti i comuni a sud di Novara dei quale era da sempre il centro economicamente più importante e maggiormente abitato. Già in precedenza, all'epoca della catastazione teresiana del 1723, era stato prescelto come capoluogo di una suddivisione della provincia in sei squadre (capoluogo della “squadra sud”).
In quegli anni il paese era sede della posta, dei carabinieri, del prefetto e di un carcere mandamentale.

Nel corso del Risorgimento Vespolate si trovò coinvolto negli avvenimenti della prima guerra d'indipendenza, quando, nel marzo del 1849, a sud di Novara, fu combattuta la battaglia tra piemontesi e austriaci che vide la fine del regno di Carlo Alberto. In particolare proprio qui ebbe sede in quei giorni il Quartier Generale del maresciallo Radetzky.

Il graduale miglioramento delle condizioni dei vita che si ebbe in questi anni, unito all'opera di modernizzazione delle strutture territoriali e amministrative, portò ad un notevole incremento degli abitanti che all'epoca del primo censimento nazionale nel 1861 erano 2.583[19]. Ciononostante la popolazione, composta quasi esclusivamente da contadini, viveva ancora in grande povertà: le case erano anguste e malsane e le condizioni igieniche precarie (causate in particolare dalle acque stagnanti delle risaie).

Dal 1818 il comune ottenne la facoltà di emettere carta bollata mentre dal 1824 il Re Carlo Felice concesse a Vespolate di tenere il suo mercato settimanale ogni martedì a servizio anche dei paesi vicini. Tra il 1854 e il 1859 fu realizzata la linea ferroviaria che collega Novara con Mortara e la relativa stazione (unica inizialmente prevista lungo la tratta).
Nel 1857 il paese subì un pesante saccheggio da parte degli austriaci, mentre 10 anni dopo scoppiò il colera provocando 17 morti e un centinaio di ammalati.
Si racconta che nel 1859 numerosi vespolini, entusiasti delle vittorie riportate da Garibaldi, si arruolarono nelle truppe garibaldine e che molti abitanti, per circa mezzo secolo, abbiano usato vestire il fazzoletto al collo ed il panciotto rosso durante le feste, in segno di riconoscenza; sembra che sia nato così il soprannome di “panscia rusa” dei vespolini.

Nel 1864 fu costruito il Canale Cavour e nel 1874 il Quintino Sella che favorirono l'ulteriore sviluppo delle risaie. Alla coltivazione del riso si affiancò inoltre quella del gelso per l'allevamento dei bachi da seta che verso la fine del secolo agevolò l'insediamento di aziende tessili nel territorio.

Stabilimento Vignati

All'inizio del Novecento a Vespolate iniziarono a sorgere piccole industre che si affiancarono alla tradizionale attività agricola. Nel 1909 venne inaugurato lo stabilimento di tessitura del Comm. Ottolina, ceduto poi al Comm. Vignati e ai suoi eredi, che fino alla sua chiusura nel 1970 ha portato lavoro e benessere a molte famiglie. L'edificio, interamente in mattoni, è sovrastato da un alto camino e rappresenta anche un bell'esempio di architettura industriale del primo Novecento.
Durante la grande guerra si assistette allo spopolamento delle campagne dato che l'esercito era principalmente costituito dai contadini. La popolazione, dopo aver raggiunto un massimo di 3.208 abitanti al censimento del 1901, era scesa a 2.813 nel 1921 e sarebbe poi continuata a diminuire fino a oggi. In quegli anni molti vasti possedimenti terrieri vennero frazionati e venduti a piccoli proprietari, tra cui le terre del conte Borgogna, allora padrone del castello.

Gli anni del fascismo non apportarono sostanziali miglioramenti nella vita dei ceti poveri, condizioni poi aggravate allo scoppio della seconda guerra mondiale. Durante il periodo bellico il territorio subì continui bombardamenti areei sulla linea ferroviaria causando ingenti danni ai vagoni carichi senza però provocare vittime. La sera del 6 settembre 1944, un arereo di ricognizione che giornamente sorvolava il paese lasciò cadere una bomba che colpì mortalmente la signora Caterina Perroni di anni 54.

Nel secondo dopoguerra cominciarono a cambiare i costumi e i modi di vivere: la qualità di vita e il livello di salute migliorarono sensibilmente; l'agricoltura divenne sempre più meccanizzata, portando alla scomparsa delle mondine e degli aratri trainati da cavalli e buoi; alle antiche tradizioni si sostituirono pian piano i modelli sociali comuni, fino a giungere ai giorni nostri.

Note

  1. ^ Non è obiettivo di questa trattazione elencare tutti gli oggetti, si rimanda per questo alla citata monografia Cassani/Colli “Vespolate nella sua storia” del 1956 o ad una visita del museo archeologico di Novara.
  2. ^ A tal proposito di veda un interessante articolo apparso sul Notiziario 2009 dell'Associazione Burchvif.
  3. ^ Confrontando la mappa con un'attuale visuale aerea si possono ancora facilmente riconoscere le strutture indicate ed le vie che costituivano il perimetro esterno del borgo. Si nota inoltre come sia venuta meno la precedente unitarietà dell'impianto nelle costruzioni otto-novecentesche sviluppatesi a nord e a sud dell'abitato. In particolare queste ultime sono quasi tutte disposte lungo file orizzontali con cortile sul lato meridionale. I canali indicati esistevano ancora fino agli anni 60-70 del XX secolo dopodiché furono ricoperti.
  4. ^ Per approfondire si veda la pagina sulla Pieve di San Giovanni.
  5. ^ Per approfondire si veda la pagina sul Castello.
  6. ^ Da fonte non confermata abbiano notizia che già nell'870 il feudo apparteneva a Bosone I di Provenza. In quell'anno il re Carlo il Calvo aveva sposato la sorella di Bosone, Richilde, ed egli ne ottenne onori e benefici. In seguito il feudo venne diviso e passò in parte a Manfredo (n. 910) conte di Milano e ai suoi discendenti che furono anche conti di Vercelli e signori Ponderano e Cavaglià.
  7. ^ Stodegarda (o "Studgard" dall'unione delle parole "stud/stoed" = cavalli e "gard/gart"= recinto) è un termine longobardo che identifica un luogo destinato all'allevamento di cavalli. La località sorgeva probabilmente poco distante dall'attuale cascina Mondurla, in riva all'Agogna presso il guado chiamato "Rotondello", dove oggi si trova la cascata chiamata "Rimellina" o "Ramellina" (dal nome della cascina omonima che sorgeva poco più a nord, oggi scomparsa); era questa la via che da Vespolate conduceva verso Granozzo dove infatti ha ancora il nome di "Strada per Vespolate". Il guado era protetto da una fortificazione fatta a recinto e corte, dove forse si trovava una stazione di posta, ristoro e cambio dei cavalli, in posizione adeguatamente sopralzata. I Conti di Pombia qui possedevano una redditizia stazione di monta e allevamento dei cavalli. Tuttora una piccola porzione di terra sulla sponda destra dell'Agogna appartiene al comune di Vespolate; il torrente in questa zona ha sicuramente mutato più volte il suo corso. Nel 1204 i frati benedettini avevano necesità di realizzare una presa d'acqua per portare l'irrigazione e la forza motrice verso ovest e servire le proprietà dei monasteri di Casalvolone (Casallis Gualoni) per cui si decise la trasformazione in grangia di Stodegarda che venne demolita per usarne le pietre allo scopo di realizzare un salto d'acqua dove si trovava già il guado, in particolare si utilizzarono le mura ed il loro basamento per appoggiare una parte del salto (Cit: “ad faciendam concessionem abbati monasterii Casallis Gualoni nomine ipsius monasterii et gramcie de Stodegarda de illis ripis quas monasterium Sancti Laurencii habet habet super ripam Agonie in territorio Mondurle, a guado Rotondello inferius, up ipse abbas Casallis Gualoni nomine dicti monasterii et gramcie de Stodegarda sive ipsum monasterium possit apodiare et...”). L'attuale struttura della cascata è stata probabilmente realizzata nell'Ottocento sulla base di quella duecentesca.
  8. ^ La corte o "curtis" era un centro amministrativo delle terre.
  9. ^ Uberto I detto "il Rufo" fu uno dei capostipiti della famiglia dei Conti di Pombia, che si ipotizza fossero discendenti degli Anscarici.
  10. ^ Vedi albero genealogico dei Conti di Pombia.
  11. ^ L'individuazione di queste due località è piuttosto incerta, secondo alcuni Carpeneto si trovava vicino Mosezzo mentre altri lo posizionano nei pressi di Vespolate; pare inoltre che qui vi si trovasse fin dal IV secolo un castello, citato nel documento di cessione a Rodolfo da Besate del 1053 di cui si vedrà oltre. Anche per Ponella vi sono dubbi sulla sua precisa ubicazione; secondo il Rusconi essa potrebbe essere identificabile con l'attuale cascina Colombara. A noi pare abbastanza logico pensare che sia Vespolate sia le altre tre località dovessero trovarsi tutti nelle vicinanze.
  12. ^ Una pergamena dello storico Morandi, conservata presso l'Archivio Storico di Novara, ci indica in cosa consistette questa donazione: «quanto si trova nel luogo e fondo di Stodegarda, nel luogo e fondo di Ponella, nei luoghi e fondi del Castello di Vespolate sia dentro che fuori». Nell'atto stilato dal notaio dell'epoca si parla di castelli, pescagioni, stalle, edifici, molini, acque e fossati.
  13. ^ A differenza di altri testi il Colli ci indica la data del 29 aprile 1059.
  14. ^ Fu lo stesso Galeazzo che fece terra bruciata per impedire al nemico di occupare castelli e villaggi e trarne sostentamento. Sorte analoga a Vespolate subirono buona parte dei villaggi del novarese (vedi anche voci sulla Pieve e sul Castello).
  15. ^ Presso l'Archivio Storico del comune di Vdespolate si trova la pergamena del giuramento di fedeltà prestato dalla comunità al suo Signore che è il più antico documento ivi conservato.
  16. ^ Bartolomeo Aicardi Visconti è il vescovo di Novara citato nel processo per infanticidio a Giovannina Bovarini (vedi Rievocazioni storiche).
  17. ^ Gian Giacomo (o Giangiacomo) Trivulzio detto “il Grande” o “il Magno” era nipote, per via materna, di Domenico Aicardi Visconti a sua volta padre di Bartolomeo Aicardi Visconti.
  18. ^ Ossia la delega all'esercizio di tutti i poteri politico, amministrativo, fiscale, militare, e giudiziario.
  19. ^ Per approfondire si veda la voce Società.